Le mie parole
Galleggiano un istante
Poi il nero le inghiotte
La società che non viene illuminata dai pensatori, finisce ingannata dai ciarlatani - de Condorcet
Ho amiche meravigliose (e una cugina e pure un fratello…) che mi ascoltano, mi capiscono e non mi lasciano sola anche se sono diventata una palla monotematica (grazie C, L, M, S, L, S, R, E, M, S, quasi un alfabeto intero…)
Sono in Italia e non si schiatta di caldo
Posso sempre tornare a casa, e “casa” è, di volta in volta, l’Italia, la Francia o l’Inghilterra
Entro ancora nel mio abito da sposa, cosa non scontata alla mia età e con i miei yo-yo ponderali
Mia suocera mi stima, altra cosa assolutamente non scontata
In un mare di seriosità e cupezza, la famiglia di mio marito mi offre momenti di pura leggerezza, dovrei approfittarne di più
Tralascio di citare motivi più ovvi di gratitudine: figli, salute eccetera. Questi, come sempre accade, si notano solo quando mancano
E poi ci siamo noi, che siamo contemporaneamente troppo giovani per sapere qualcosa della vita e troppo vecchi per avere un qualsivoglia legame con la contemporaneità.
Quelli che quando parlano è sempre sbagliato, che sia coi genitori, coi figli e talvolta anche coi coetanei, fratelli o amiche che siano. "Non è così" è il commento che mi sento rivolgere più frequentemente, talvolta mitigato da un "proprio" messo lì per decenza.
Quelli che devono capire le difficoltà della terza età (dicamo pure quarta, dai...) e quelle dell'adolescenza che fa niente se hanno abbondantemente superato i 20, sempre da adolescenti si comportano. E ci mancherebbe: vivono vite costellate di prime volte, come vuoi che si comportino?!
Quelli che ascoltano le lamentele di tutti: salute e solitudine e amici insensibili e morosi/e dal comportamento inspiegabile e impegni di lavoro e di faccende domestiche, e conti da far quadrare e la fatica, la fatica...
E noi invisibili, schiacciati fra un "tu sei troppo giovane per capire", un "tu sei troppo vecchia per capire" e a volte "tu sei troppo fortunata per capire".
Disclaimer: è solo una roba intima, non commento alcuna notizia. Se non avete voglia passate oltre...
Mio figlio, dottorando a Milano, la scorsa settimana è partito con tutto il suo gruppo del dipartimento alla volta di Monaco di Baviera per la sua prima conferenza. Ha anche avuto il suo spazio per illustrare la sua ricerca a colleghi di provenienza varia: 20 minuti di presentazione, parlando davanti a ricercatori e docenti di mezzo mondo. Poi ha ascoltato, chiacchierato con rappresentanti del mondo dell'industria, esplorato idee nuove e condiviso ipotesi con persone interessanti. Una gran bella prima volta, ce n'è da condividere!
Cosa mi ha raccontato? Che a Monaco si mangia male, che ha dormito poco e che non trova più i suoi pantaloni neri.
Mia figlia oggi ha discusso la tesi: lavoro sperimentale sull'uso del ferro come catalizzatore al posto di altri elementi più costosi o più pericolosi. Mi aveva chiesto di leggerla e di mandarle le mie osservazioni. L'ho fatto, ma io di chimica arrivo giusto alla formula bruta del glucosio (C6 H12 O6, forse...), quello che ha scritto per me è arabo. Sapevo che oggi le avrebbero fatto domande interessanti e avrebbero commentato la struttura della tesi e le possibili indagini ulteriori. Se anche non capisco i tecnicismi, posso capire il momento. Non si discute una tesi tutti i giorni: sai l'emozione... ce n'è da condividere!
Cosa mi ha raccontato? Niente. Di sua iniziativa non mi è arrivato neppure un whatsapp, magari il minimo sindacale: "ho fatto, tutto bene, ti chiamo dopo".
Ho sempre pensato che si parla volentieri solo con chi sa ascoltare.
Meglio che io cominci a fare autocritica.
Mio suocero è un uomo mite. Canuto, rinsecchito e stortignaccolo, quando ascolta lo fa con tutto il corpo e con l'attenzione tesa di chi fa fatica a seguire i discorsi perché un po' sordo. Risponde di tanto in tanto, ma più spesso si limita a qualche parola con l'unico scopo di far capire che sta ascoltando. Mia suocera cerca di stimolarlo, lei dice, e per farlo lo punzecchia con la crudeltà bonaria che è tollerabile solo fra vecchi coniugi: e non sbrodolarti, sai, che io sono stufa di lavarti tutte queste camicie! e cammina dritto sai, che non voglio mica portarti in giro con la carrozzina io, che ho di meglio da fare sai... Lui abbozza, si stringe nelle spalle e ridacchia. Sa nel suo intimo che non c'è nulla di vero in quelle cattiverie.
I nipoti vanno volentieri dai nonni: c'è sempre un tè caldo coi biscotti, o una fetta di ricotta tosta, o una lasagna di 4 giorni prima ma che importa. Ci sono chiacchiere, a volte di cose già dette, a volte no: mia suocera che non distingue fra confidenza e pettegolezzo e racconta tutto di tutti, ma va bene così. C'è voglia di stare insieme, ma come già te ne vai? E portati questo pezzo di caciocavallo...
Mio padre è il figo della situazione. Non ha ancora capito che, 89 anni fra poche settimane, comprendere i suoi limiti e accettarli sarebbe la cosa saggia da fare, oltre che prudente. È rancoroso, invidioso di chi è più giovane, si fa aiutare a risolvere problemi che lui ha creato ma poi dimentica e rifiuta di riconoscere le sue responsabilità: se la lavatrice cambia le impostazioni, se il suo cellulare si riempie di app indesiderate, se la sua casella email si riempie di spam non è perché lui ha fatto casini con una tecnologia che conosce male e usa peggio ma perché "qualcosa sarà successo". Le conversazioni sono solo occasioni per interrompere qualunque discorso con un "io ho fatto, io ho visto, io..." tanto che ormai non viene neppure voglia di raccontare.
Invidia chiunque e qualunque cosa: chi si è laureato, Tommy che ha preso una borsa di studio, Matilde che parla le lingue, O. che ha vinto il campionato Italiano di categoria, S. che è alto un chilometro e è un drago a pallone, L. che scia come un dio e va al mare con la fidanzata. Potrei continuare. L'anno scorso lui ha passato quasi 7 settimane al mare, io e mio marito 10 giorni, ma quanto mi ha fatto pesare quei 10 giorni perché io ero in Grecia e lui invece a casa.
Recrimina tanto: le gambe che non lo reggono, la digestione che lo fa tribolare, la testa, l'acufene, la schiena e il cuore. Si lamenta di star male da sempre, da che ho memoria. Recrimina per l'aiuto che deve (deve...) prestare a mia mamma, che, più malata di lui, si sente in colpa e poco tempo fa mi ha chiesto come farà papà da solo se lei dovesse morire prima. Si lamenta per il suo sonno interrotto, per le medicine che lui deve dare a mia mamma, per la badante che quando c'è gli dà fastidio e quando non c'è è sempre in ferie quella là. Fa tanto per mia mamma, fa cose che non avrei mai immaginato di vedergli fare, ma sempre su quel piedistallo da eroe che si è costruito da sé e dal quale non intende scendere. Chissà qual è il motore, quanto l'affetto per mia mamma e quanto invece la paura di restare solo.
Quando sono a casa da loro, a tavola mi siedo al mio vecchio posto, di fronte a lui. Ho una piccola collezione di foto rubate durante le colazioni o i pranzi... la fronte aggrottata, gli occhi cupi, una rabbia incontenibile e muta, ma tanto visibile. La gioia per il mio arrivo dimenticata due minuti dopo il mio ingresso in casa.
Tommaso, che all'inizio dell'anno aveva immaginato di passare dai nonni magari un paio di we al mese, ha smesso di andare perché "loro sono sempre tristi, l'atmosfera è cupa e non c'è mai niente da mangiare". I miei nipoti non vanno mai, se non obbligati. Ricordo parecchi pranzi di famiglia (Natale, essenzialmente, magari qualche compleanno) finiti presto perché mio padre "doveva" andare. E andava, piantandoci lì. Dopo 25 anni di matrimonio, suo genero e sua nuora non hanno nome: sono sempre "tuo marito", "tua moglie". E i biglietti che accompagnano i regali di natale sono sempre (sempre!) indirizzati solo a me e a mio fratello. Evidentemente non fanno parte della famiglia.
Ecco, adesso sapete. Sono una brutta persona?
Stamattina nel mio podcast preferito è stata letta la mail di un ascoltatore. Questi raccontava di come, qualche anno fa in occasione di un referendum sulla giustizia, si fosse preso la briga di dedicare alcune ore del suo tempo ad un esame dei quesiti con lo scopo di raggiungere quel grado di competenze minime necessarie a scegliere oculatamente se votare sì oppure no. "Io sono un fisico matematico, raccontava, faccio il ricercatore all'università, sono abituato a leggere roba complessa, a fare complesse analisi matematiche su montagne di dati, eppure le implicazioni legali della mia eventuale scelta mi sono rimaste oscure."
Ecco, non sono l'unica a pensare che non basta leggere quattro righe per supporre di aver capito.
Nel corso della stessa puntata del podcast di cui sopra, è stato letto anche un brano di un commento di Vitalba Azzollini, pubblicato su Domani. Lei sostiene che non presentarsi ai seggi per i referendum, unita alla tendenza a sostituire il dibattito parlamentare con la raffica di decreti così comune negli ultimi anni, porta a cedere ai governi la sovranità che dovrebbe essere nostra.
Vero. Ma due errori non fanno una cosa giusta.
PS: non presentarsi ai seggi in occasione di un referendum non è (sempre) menefreghismo. È una precisa scelta. Chi non ha votato ha deciso di non votare, non è banalmente andato al mare perché chissenefrega. Il quorum esiste per questo ed è per questo (credo, chi sa mi illumini...) che non esiste quorum per le politiche.
PPS: se chiedessero il rimborso delle spese in caso di mancato raggiungimento del quorum ai promotori dei referendum, forse questi starebbero più attenti ai quesiti da proporre...
Noi dall'estero votiamo per posta, quindi abbiamo fatto tutto con congruo anticipo.
Prima del voto, i ragazzi hanno avuto voglia di approfondire i quesiti, quindi abbiamo organizzato una videocall e abbiamo chiacchierato un po', esplorando e approfondendo i temi e cercando di farci un'idea. Hanno scelto quali votare e quali no, sulla base delle loro personali convinzioni. Interrogandosi su uno dei referendum, Matilde e Tommy, dopo aver cercato alcuni riferimenti normativi e aver provato a capire, hanno concluso che il quesito non è chiaro, le implicazioni ancora meno, che mancano alcune definizioni e che le spiegazioni date dai vari partiti e sindacati sembrano tendenziose, in quanto "assumono" che la norma verrà interpretata in un "certo modo" ma questo "certo modo" non è esplicitamente scritto. E quindi non lo votano.
Ecco.
PS: Che anno orribile per il mio blog, solo 5 (6 con questo) post so far...